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Una sala di stagionatura comune per i malghesi del Lagorai


a cura della Condotta Slow Food Valsugana Lagorai


Mercoledì 24 novembre Luigi Montibeller, fiduciario Slow Food della Valsugana Lagorai, è nelle stanza della villa Debellat, in località Spagole, con alcuni malghesi del Lagorai. Si sta concretizzando un sogno. Dopo quattro anni arriva a termine un percorso per creare una sala di stagionatura e affinamento condivisa tra i produttori del formaggio del Lagorai Presidio Slow Food. Si stanno montando gli scaffali in legno che accoglieranno le forme della stagione da poco conclusa. Poi inizierà la gestione condivisa di questo spazio, a turno i malghesi si prenderanno cura delle proprie forme e di quelle dei colleghi fino a portarla al giusto grado di stagionatura e iniziare la vendita.


Foto di Aldo Fedele


Tra i malghesi presenti c’è Stefano Trentinaglia della malga Montagna Granda, nel comune di Pergine sulla Panarotta a 1.574 metri. Ciao Stefano, cosa ci puoi dire del Lagorai e dei suoi pascoli?



È la mia prima stagione di malga sul Lagorai, vengo da una esperienza triennale nel Vezzena. Qui ho trovato un terreno più acido, a base di granito e porfido e non calcareo. Quindi ho trovato un’erba completamente diversa. Inoltre le malghe sono distribuite partendo dal basso verso l’alta quota, l’erba cresce quindi in periodi diversi e il pascolo stesso è distribuito su varie altezze. Anche i pascoli della mia malga arriva quasi sulla croce della Panarotta sfiorando i 2.000 metri. Ciò comporta che è possibile pascolare in periodi diversi e quindi utilizzare tutto il pascolo con minor rischio che l’erba cresca troppo e diventi vecchia. Inoltre è possibile caricare la malghe prima e posticipare la discesa. Nei formaggi poi questa diversità si riflette in una grande ricchezza di odori e aromi.


Come è strutturata la malga?


In malga ho 20 bestie di proprietà, 17 da latte e tre di rimonta. Ho anche animali di altri allevatori per un totale di una trentina di vacche in lattazione. Facciamo le lavorazioni classiche come il nostrano, le caciotte, la tosella, lo yogurt che vendiamo direttamente ai turisti e agli amici che vengono a visitarci.


Che percorso ti ha portato in malga sul Lagorai?


Ho 31 anni e di formazione sono un perito edile. Per passione mi sono avvicinato a questo mondo, ho ottenuto il brevetto professionale a San Michele e ora questo è il mio lavoro a tutti gli effetti, questo è il settimo anno anno che vado in malga. Oggi siamo qui alla Debellat a preparare i locali di stagionatura e affinamento per le cinque malghe che aderiscono al progetto, stiamo creando questo luogo di incontro che poi gestiremo a turno occupandoci a rotazione dei prodotti di tutti.

Incontriamo Walter Borgogno di Malga Casabolenga in Val Calamento.

Ciao Walter, cosa ci puoi raccontare della tua malga?


Malga Casabolenga si trova a 1.650 metri nel Comune di Telve di Sopra. Era in gestione ai miei genitori ma sette anni fa ho rilevato l’attività e ora me ne occupo in prima persona. Ci sono una sessantina di capre da latte, venti vacche da latte e altri 20 tra vitelli e manze. Qui in malga lavoriamo il latte e vendiamo il formaggio, l’anno scorso abbiamo fatto le prime prove con il latte innesto e da questa stagione abbiano iniziato la produzione. Ho 31 anni ho studiato all’ENAIP, ho poi lavorato dieci anni in fabbrica, ma ho sempre collaborato con l’azienda di famiglia. Poi mi sono licenziato e ho rilevato l’azienda. La Val Calamento è una valle molto stretta, le vacche pascolano sui pascoli più comodi mentre nei punti più impervi arrivano le capre, curando i pascoli dove le vacche non arrivano, anche fino ai 2.000 metri.


Infine scambiamo due parole con Nicola Pompermaier, trentaduenne, della Malga Cenon di Sopra .

Ciao Nicola, dove si trova la tua malga?


Siamo in Val Campelle nel comune di Scurelle a 1.500 metri. I nostri pascoli sono completamente circondati da bosco e offrono un’estrema varietà di erbe officinali. Qui abbiamo una trentina di vacche da latte con le quali produciamo formaggio, burro, ricotta, yogurt , tosella.

Mio padre ha iniziato a lavorare con il latte innesto già dieci anni fa scoprendo tutto un altro mondo rispetto ai fermenti. Con questa scelta produttiva possiamo valorizzare veramente il territorio.



Di seguito la scheda della Fondazione Slow Food per la Biodiversità del Presidio.


Il Lagorai è un gruppo montuoso trentino che si estende da Passo Rolle – il valico che divide la Val di Fiemme dalla zona del Primiero – alla zona del Monte Calisio. In quest’area si affermò, già dal XII secolo, una grande tradizione casearia: moltissime malghe erano già utilizzate ed erano di proprietà dei feudatari locali. Nel 1800 le malghe, tranne quelle allodiali, cioè quelle da sempre di proprietà privata (le migliori), passarono di diritto dai feudi ai comuni. In quegli anni il solo comune di Telve contava circa 40 malghe. Il formaggio prodotto nel Lagorai era utilizzato per la sussistenza dei numerosi contadini locali, i quali affidavano al capomalga i propri animali affinché trascorressero la stagione estiva in alpe. Il formaggio era però ricercato anche dagli affinatori di valle, che lo stagionavano nelle cantine buie e profonde dei paesi della Valsugana e lo commerciavano poi nella città di Trento e nel Veneto.

Il formaggio del Lagorai è un formaggio di malga a latte crudo semigrasso, prodotto da giugno a settembre. Le forme variano da 4 a 6 kg, con lo scalzo che varia tra i 12 e i 14 cm. Il latte munto la sera, da vacche di razza grigio alpina, bruno alpina e pezzata rossa viene scremato e lasciato in contenitori di acciaio nel casélo – un locale fresco e semibuio dove si lascia a riposo il latte dopo la mungitura – e che, una volta scremato, sarà aggiunto a quello munto il mattino successivo. La caseificazione avviene solo con il caglio naturale, senza l’utilizzo di fermenti selezionati, il cui impiego si sta diffondendo tra le produzioni casearie di malga del nostro Paese. La stagionatura del formaggio del Lagorai avviene nel casarìn – una cantina seminterrata, buia, fresca ma non fredda, fatta di pietra a vista – dove viene appoggiato su tavole di larice o di abete, senza l’impiego di nessun tipo di conservante. Con il passare del tempo e la nascita dei caseifici a valle, le malghe sono state man mano abbandonate e il bosco ha preso il sopravvento sui pascoli. Il formaggio fino a pochi anni fa era venduto fresco agli affinatori a prezzi poco remunerativi ma, di recente, i casari hanno cominciato a stagionare autonomamente gran parte delle forme e a venderle dopo almeno tre mesi, lasciando così che i sapori delle essenze del Lagorai si sprigionino in una straordinaria tessitura di aromi. Nel 2004 si è formata la Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai che ha riunito alcune malghe delle 20 attive attualmente nei comuni di Telve, Roncegno, Torcegno.

I produttori aderenti si sono dati un disciplinare rigoroso che prevede ovviamente il latte crudo, il divieto d’uso di fermenti industriali o frutto di selezioni (è consentito solo il latto-innesto autoprodotto), e l’autonomia nella stagionatura. I produttori da parte loro, stanno portando avanti il recupero delle malghe abbandonate, anche grazie all’appoggio dei Comuni. Slow Food ha istituito un Presidio per valorizzare questa produzione storica e riportarla sul mercato. Del Presidio fanno parte i malghesi che si sono impegnati a stagionare il formaggio almeno quattro mesi e spuntare in questo modo un prezzo migliore rispetto all’attuale, garantendo così una redditività a chi si adopera per il recupero di un territorio di rara bellezza.


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