Intervista di Tommaso Martini
Alessandro Suffriti è un allevatore di grigio alpine a Soraga in Val di Fassa. Insieme alla famiglia gestisce l’Agritur Ciasa do Pare dove l’azienda agricola, rigorosamente biologica, si occupa di allevamento e trasformazione in formaggi, produzione di miele di montagna (unico tra i mieli trentini ad aderire al Presidio Slow Food), ristorazione e accoglienza. Alessandro ha da poco aderito con entusiasmo al nuovo disciplinare del Presidio Slow Food della razza grigio alpina sia con la produzione di formaggi sia con la carne e i suoi derivati. Alessandro è inoltre un animatore di Slow Food nel suo territorio, essendosi fatto promotore della nascita di una sezione di Condotta con l’obiettivo di coinvolgere altri produttori, cuochi, residenti e turisti.
Ciao Alessandro, perché hai scelto la razza grigio alpina per la tua azienda?
Perché è la razza che è stata selezionata nei secoli in queste valli, la razza che, in generale, si è adatta nel migliore dei modi a questi territori di montagna. Ciò ha importanti conseguenze. La prima sull’impatto ambientale dell’allevamento. Se ho una razza rustica è adatta a mangiare quello che il suo territorio le offre, l’impronta ecologica di questo tipo di allevamento sarà molto diverso rispetto a situazioni in cui devo utilizzare soprattutto mangimi. Senza contare che i mangimi alterano il gusto del latte e quindi del formaggio. Ma soprattutto la grigio alpina è un animale a tutto tondo, un animale che può essere il simbolo delle nostre valli. Un tempo aveva una triplice attitudine, venendo utilizzata anche come animale da lavoro, oggi conserva la sua duplice attitudine di animale da latte e da carne, dal quale si possono ottenere ottimi trasformati. La grigia vive in simbiosi con il suo ambiente, le vacche possono stare fiori anche in gennaio e novembre, con la neve, hanno un baricentro basso e quindi riescono ad arrampicarsi dove altre razze non arriverebbero mai. Sono state selezionate per vivere a queste quote.
Che importanza ha il prato per il tuo sistema di allevamento e per il prodotto finito?
Gestiamo come azienda agricola circa otto ettari di prati. Significa che la nostra è una azione costante per il mantenimento del bellissimo paesaggio della nostra valle, questi prati sono salvati dal bosco che rapidamente li ingloberebbe. Ovviamente sfalciare una superficie di questo calibro in Val di Fassa non è semplice, sono pochissimi i prati in piano, quindi bisogna lavorare a mano o comunque lavorare molto di rastrello. Andiamo a tagliare dai prati intorno all’azienda, a 1.200 mslm, fino ai 2.000 metri a Fuciade. L’Università di Padova ha fatto una ricerca sui nostri prati individuando circa 45 divere essenze. Questa biodiversità dona un bouquet straordinario di sapori anche al nostro latte. Siamo inoltre in un territorio molto piovoso in estate. Ciò comporta una maggiora attenzione per esser sicuri di dare alle nostre vacche un secco di buona qualità, completamente secco. Effettuiamo la fienagione in due tempi. Sfalciamo e quando raggiungiamo un 45-50% di umidità imballiamo. In quel momento non andiamo a deteriorare le foglioline che non sono ancora del tutto secche. Finiamo l’essicazione con un ventilatore preservando quindi la fogliolina all’interno della “balla di fieno”. Quando la apriamo l’animale può mangiarla.
Qual è la storia di Ciasa dò Parè?
L’azienda esisteva da tempo immemore. È stato il padre di mia moglie Aurora, Luigi, a convertirla in biologico nel 2002 e a puntare sulle grigio alpine in anni cui questa sensibilità non si era ancora diffusa in valle. Da allora abbiamo sempre puntato sulla diversificazione. Un anziano gestore di un maso un tempo mi disse che un maso è come un ragno, deve vivere su più zampe, se vivi si una zampa solo un anno può andar bene ma un anno può andar male. Se invece hai spalmato la tua attività su più opzioni le altre gambe ti sosterranno sempre.
Ciasa do Pare è anche accoglienza con bellissimi appartamenti proprio intorno all’azienda agricola. Che rilevanza ha il rapporto con il turismo?
L’economia legata all’agricoltura e all’allevamento alle nostre quote ti permette, se si è bravi, di andare in pari con le spese. L’accoglienza nasce quindi come necessità di integrare il reddito rurale. Ma quello che abbiamo voluto è stato trasmettere la nostra idea di ospitalità. Vogliamo che i nostri ospiti vivano l’esperienza Ciasa do Pare e siano partecipi del nostro progetto.
Alessandro, hai anche aderito all’Alleanza Slow Food dei cuochi, come vedi la grigio alpina in cucina?
È un animale bellissimo di cui si può utilizzare praticamente ogni taglio. Grazie alla proposta della cucina possiamo offrire un approccio a tutto tondo alla grigio alpina. È compito di noi cuochi far capire il più possibile questa razza e le sue potenzialità, renderla viva.
Sei un produttore di miele di montagna Presidio Slow Food. Sfatiamo un mito: miele e formaggio è un binomio obbligato?
Io sono dell’idea che se ho un miele di altissima qualità e un formaggio di eccellenza è meglio assaggiarli in modo distinto. Ad unirli non apprezzerò fino in fondo né l’uno né l’altro. Il ventaglio di sapori e di aromi che mi sprigiona un formaggio non viene arricchito abbinandolo a un miele, anzi. E succede esattamente il contrario con il miele.
Da poche settimane è stato sottoscritto un nuovo disciplinare del Presidio della razza bovino grigio alpina. Come vedi il futuro di questa razza?
C’è moltissimo fermento, tanti giovani hanno capito che puntare sulla quantità è difficile a queste quote e che la montagna deve dialogare con la qualità. Vi è anche volontà di progredire, l’orgoglio di appartenere alla grigio alpina. Sarà importante però saperla valorizzare. Un viticoltore è abituato a uscire dall’azienda e raccontare la sua storia e quella del suo vino. Quello che grazie a Slow Food si sta cercando di portare avanti come grigio alpina è proprio uscire dall’essere un mero produttore e saper raccontare la propria storia, le proprie scelte, perché il prodotto è diverso. Le persone lo vogliono sapere e capire.
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