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Uno sguardo unitario sulla montagna

di Walter Nicoletti


Con la proposta di un Patto verde per le foreste dolomitiche si è inteso proporre una riflessione operativa sul “dopo Vaia” per trasformare quella calamità, peraltro originata dai cambiamenti climatici e quindi dall’uomo, in un’opportunità di cambiamento.

@ Mad Max/ Adobe Stock / 365454637

Siamo pertanto partiti dall’esigenza di utilizzare le giuste parole per definire un evento che aveva poco a che fare con l’ordinario e molto con lo straordinario e l’inedito. Poco con le consuete tempeste che pure in montagna si sono ciclicamente verificate e molto con fenomeni tropicali quali i tifoni e gli uragani.

Se dunque all’origine di Vaia ci sono le conseguenze di un modello di sviluppo e di consumo insostenibili ecco che questo Green deal si è proposto come una sguardo d’insieme sulle montagne dolomitiche con l’esigenza di coniugare e trovare un punto di incontro fra l’ambiente e l’economia nel segno della ricerca di un modello sostenibile sia dal punto di vista della produzione, sia del consumo e della convivenza fra i diversi settori che insistono su questi luoghi.

Siamo così riusciti e mettere attorno allo stesso tavolo i rappresentanti della associazioni ambientaliste e gli imprenditori del legno, così come gli amministratori, le rappresentanze sindacali e gli altri addetti del settore per ribadire l’urgenza di misure globali e locali di contenimento dei consumi e degli sprechi, per il miglioramento della filiera produttiva nel pieno rispetto degli equilibri forestali e biologici così come di un più qualificato utilizzo delle risorse del bosco.


Misure che partono dalla consapevolezza che qualsiasi azione di riforma, cambiamento ed innovazione non può che partire dall’assunzione del paradigma del limite come punto di innesco della vera rivoluzione culturale del nostro tempo.


Il bosco come bene comune


In un mondo di privatizzazioni e di rinuncia al controllo pubblico dei beni primari si è dunque proposto uno sguardo unitario sulle foreste recuperando la grande tradizione alpina ed autonomista che vede innanzitutto il controllo delle comunità locali sul loro territorio.

In questo modo, tramite l’attenta gestione collettiva delle foreste e degli Usi civici nonché attraverso il metodo della selvicoltura naturalistica, si è riusciti nel tempo ad assicurare il rispetto dei cicli biologici dei boschi coniugando le esigenze economiche con quelle ambientali.

Questa importante lezione della storia va sicuramente recuperata e rilanciata accanto alla necessità di ulteriori interventi che, a partire dalla tragedia di Vaia, puntino al rilancio della biodiversità e di un utilizzo ancora più innovativo e responsabile di queste risorse.


Un’azione straordinaria per il rilancio della filiera del legno e la messa in sicurezza del territorio

Abbiamo pertanto proposto un Patto di sviluppo per l’avvio di “nuove iniziative pubbliche e private in piena sinergia ed integrazione con i settori dell’agricoltura e del turismo” considerando anche “le diverse opportunità inserite nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e negli strumenti dell’Unione europea ad iniziare dal Green Deal e dal nuovo PSR”.


“Un patto che intende proporre innanzitutto un programma formativo ed educativo incentrato sui temi della sostenibilità ambientale, sulle buone pratiche relative alla selvicoltura naturalistica, sull’alpicoltura e la corretta gestione del patrimonio montano in modo tale da rilanciare l’ambiente dolomitico in tutte le sue componenti”.

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I punti che qualificano un intervento di miglioramento della filiera del legno


Il tavolo di lavoro ha pertanto concordato sulla necessità d’intervenire con risorse pubbliche in tema di salvaguardia dei territori montani e forestali.

Oltre al rilancio della prima e della seconda lavorazione del legno, si guarda con particolare attenzione all’incentivazione della bioedilizia e all’utilizzo del legno sia nelle costruzioni private che pubbliche, nell’arredo e nella costruzione del paesaggio così come, dove possibile, nel settore energetico e delle biomasse.


Salvaguardare la biodiversità e le funzioni ecologiche del bosco


“Il dopo-Vaia – si scrive nel documento – dovrà corrispondere ad un processo di ricostruzione e ricomposizione del tessuto forestale nel pieno rispetto degli equilibri naturali compromessi dall’evento e nell’infrastrutturazione di un complesso di interventi per la riorganizzazione del sistema di difesa dai rischi naturali quali valanghe, caduta sassi, frane e alluvioni.

Le azioni di rimboschimento dovranno tenere conto della necessità di salvaguardare la biodiversità del patrimonio forestale. Pertanto la messa a dimora non dovrà essere monospecifica ed estesa su ampie superfici e dovrà lasciare ampi spazi alla rinnovazione naturale. Alcune aree saranno lasciate all'evoluzione spontanea senza asportare le piante abbattute.

Vaia potrebbe rappresentare inoltre anche un’opportunità per una maggiore diffusione di specie diverse dall'abete rosso, quali il larice, il faggio, l’abete bianco e, a quote inferiori, altre latifoglie come querce, frassini, aceri, diversificando ulteriormente le formazioni”.


Nuove aree per l’agricoltura di montagna ed il turismo naturalistico


Nel tempo dell’abbandono Vaia può rappresentare inoltre un’occasione di rivalutazione dei territori abbandonati. Dalla riqualificazione dei pascoli al miglioramento della biodiversità foraggera, dall’ampliamento delle superfici coltivate all’affermarsi di nuove colture quali quelle biologiche, dalle piante officinali così come della nuova cerealicoltura.

Ecco dunque profilarsi una serie di opportunità che potrebbero coincidere con il ritorno all’agricoltura da parte dei giovani e dei cosiddetti “neo ruralisti”.

C’è infine una riflessione tutta da fare che riguarda le foresta come “area intermedia” fra il fondovalle alpino e le terre alte. Una fascia di territorio spesso dimenticato eppure di (più) facile accesso, ma che l’affermarsi del modello urbano nei paesi e la spinta verso l’alto del turismo di massa ci ha fatto dimenticare.

Si tratta pertanto di recuperare attenzione e memoria verso la foresta dolomitica come luogo per un turismo naturalistico ed escursionistico di prossimità dalle grandissime potenzialità e segreti ancora tutti da scoprire.

Coltivazioni a 1.400 m a n località Huttn - Lusérn, dell'azienda Prukaren, tra i protagonisti della Comunità Slow Food per lo sviluppo agroculturale degli Altipiani Cimbri ,

Vaia e il ritorno alla montagna


Vaia ci ha fatto riscoprire la centralità della montagna come fonte identitaria, culturale e spirituale delle popolazioni alpine, ma quello che ci interessa davvero in quest’occasione di ripensamento riguarda la necessità di assumere nuovamente una postura e uno sguardo d’insieme su questi luoghi.

Decenni di riduzionismo metodologico e di economicismo ideologico ci hanno fatto dimenticare che la montagna può essere concepita e vissuta solo attraverso un approccio olistico, armonico ed equilibrato.

La lezione della storia delle Alpi è sostanzialmente questa ed è da questo sguardo unitario, che coniuga ambiente ed ecologia a necessità/possibilità umana, che dobbiamo ripartire.

Ecologia ed economia hanno fra l’altro la stessa matrice semantica, segno questo che, fin dalle origini, la casa che le ospitava doveva essere comune. Ed è qui che dobbiamo ritornare.


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